28 gennaio 2025

Sicurezza, Decreto Piantedosi insostenibile per gli esercenti

Il decreto sulla sicurezza comporta nelle linee guida misure per il rafforzamento della sorveglianza che mettono in difficoltà i locali 

Videosorveglianza, individuazione di un responsabile per la sicurezza, esposizione del codice di condotta redatto dal Ministero dell’Interno sull’“avventore modello”, ovvero quel cliente che non introduce armi improprie all’interno del locale, né spray urticante o droghe, non fa danni e non tiene comportamenti molesti. Sono alcune delle indicazioni delle linee guida contenute in un decreto del Ministro dell’Interno a firma di Matteo Piantedosi, datato 21 gennaio e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 gennaio,  per la “prevenzione di atti illegali o di situazioni di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica all’interno o nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici” valorizzando “i comportamenti degli esercenti che intendono concorrere al mantenimento della legalità”. Immediate le reazioni di proprietari e gestori dei pubblici esercizi, oltre che le relative associazioni di categoria, preoccupati dal fatto di doversi prendere in carico in prima persona del controllo della legalità e sicurezza sia dentro che fuori dai loro locali. Fipe-Confcommercio, il 25 gennaio, è intervenuta sul tema esprimendo profonda “contrarietà” e “delusione” riguardo al decreto emanato dal Ministero dell’Interno. Giorgio Beltrami, vicepresidente Fipe Lombardia e presidente Fipe Bergamo, il sindacato che raggruppa i due Gruppi di categoria Confcommercio Bergamo, quello dei Ristoranti e quello del pubblici esercizi, sottolinea: “Il decreto Piantedosi ci ha lasciato sconcertati, sia nel contenuto che nelle modalità. Nel metodo perché le associazioni di categoria non sono state coinvolte e consultate prima. Nel contenuto perché questo decreto sposta responsabilità di ordine pubblico che spettano allo Stato, alle attività – molto spesso piccole e a conduzione familiare, che svolgono un servizio per la cittadinanza. Le nostre attività a sono già responsabili all’interno dei propri locali, e garantiscono la massima sicurezza alla clientela. Abbiamo sistemi di sicurezza, attività di formazione e prevenzione che rispondono alla nostra funzione: accogliere e servire i cittadini. Ma non possiamo occuparci di ciò che avviene all’esterno dei nostri spazi, perché non è pertinente alle nostre responsabilità e funzioni. Il decreto e le sue linee guida inoltre prevedono obblighi insostenibili per gli esercenti, quali l’installazione di costosi sistemi di videosorveglianza e la designazione di referenti per la sicurezza, imponendo ulteriori oneri a un settore già gravato da pesanti costi e adempimenti. Questo decreto, inoltre, insinua l’idea che i pubblici esercizi siano luoghi di pericolo o eccesso. Al contrario, le attività degli esercenti offrono un servizio alla cittadinanza, sono luoghi di socialità e non di rischio. La funzione di ordine pubblico è e deve rimanere una competenza esclusiva delle forze dell’ordine. Addossare ulteriori responsabilità agli esercenti, già schiacciati da obblighi gravosi, è una scelta che penalizza l’intero settore”. Una norma da rivedere: “E’ vero che abbiamo accolto con favore la precisazione del Viminale sulla volontarietà delle linee, ma chiediamo, come Fipe, che il decreto venga rivisto, e che si possa avviare un dialogo trasparente e costruttivo. Lavorando insieme con il Ministero e alle forze dell’ordine potremo sempre di più favorire una corretta attività di prevenzione. Per questo auspichiamo che quanto prima venga convocato un tavolo di lavoro per chiarire le modalità e gli ambiti, seppur su base volontaria, di queste linee guida sul territorio, evitando che responsabilità che nulla hanno a che vedere con la propria competenza ricadano sugli imprenditori”.

 

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